Pagine

martedì 5 gennaio 2016

Mi posso fidare della banca che mi dà il mutuo casa?





 


Gli scandali bancari degli ultimi giorni che hanno portato al salvataggio di quattro banche e – purtroppo – anche all’ azzeramento dei risparmi investiti da alcuni loro clienti in obbligazioni subordinate, hanno toccato fortemente il nervo scoperto della fiducia delle persone nei confronti delle banche.




Sfiducia e preoccupazione stanno quindi attraversando in modo trasversale i clienti delle banche: i più colpiti dall’ incertezza sono quelli che hanno risparmi da investire, ma qualche dubbio sta venendo anche a chi deve prendere soldi a prestito, che teme di ricevere pressioni eccessive, condizioni pesanti o vere e proprie estorsioni legalizzate per ottenere il mutuo per l’acquisto della casa.


E anche se io mi occupo di mutui per le famiglie e non di prodotti di risparmio, non mi ha sorpreso ricevere negli ultimi giorni alcune chiamate - sia da vecchi clienti che avevo seguito durante la richiesta del loro mutuo, sia da nuovi clienti con cui ancora stiamo scegliendo la banca a cui presentare la richiesta di mutuo – in cui non mi veniva manifestato un dubbio concreto e specifico verso questa o quella banca, ma semplicemente mi si chiedeva una rassicurazione su quello che avevamo fatto o stavamo per fare.



Ora, va chiarito subito che chi si sta indebitando verso una banca chiedendo un mutuo non è nella stessa posizione di chi sta investendo i propri risparmi in prodotti proposti dalla banca. Anche chi si indebita, però, deve essere tutelato e avere un minimo di fiducia nella controparte bancaria, altrimenti il rapporto, che già non è su basi di equilibrio tra le parti dato che la banca è sempre più forte del cliente, nasce con presupposti sbagliati.

Proviamo innanzitutto ad uscire da una valutazione emotiva o basata su luoghi comuni di quello che sta succedendo.

Valutiamo solo una parte del problema puntando l’attenzione in modo semplice e oggettivo sul concetto di fiducia all’interno del rapporto tra la banca ed il cliente, cercando anche di evidenziare come si modifica questo rapporto se tra la banca ed il cliente si inserisce la figura del consulente creditizio.




Il comportamento della banca nei confronti del cliente va analizzato su due livelli distinti: quello individuale – cioè del rapporto tra dipendente della banca e cliente – e quello generale di organizzazione bancaria complessa – e qui è preminente il rapporto tra la banca come organizzazione ed il suo dipendente che noi clienti incontriamo allo sportello.

Premetto che io ho diversi conoscenti e amici che lavorano in banca (e ad alcuni, per avere un parere e anche qualche critica, ho anche girato la prima bozza di questo articolo prima di pubblicarlo): nei confronti di alcuni di loro ho la massima stima a livello personale. Si tratta di persone a cui io affiderei il mio portafoglio sapendo che, nel momento in cui me lo restituiscono, ci potrei tranquillamente trovare 10euro in più rispetto a quelli che c’erano prima, rispetto a 10euro in meno. Quindi non ho dubbi sull’ etica individuale.


A livello professionale individuale, alcuni sono estremamente preparati e – se facessero il grande passo e decidessero di lavorare come consulenti indipendenti – sono certo che fornirebbero soluzioni straordinarie per i loro clienti. Ma c’è una parolina che macchia questo bel quadro che ho disegnato. Se





Ecco il problema: il dipendente della banca non è un consulente indipendente. Per quanto il bancario sia una persona eticamente integra, per quanto sia professionalmente preparato, a fine mese lo stipendio glielo paga la banca.

E cosa fa il bancario se la banca gli chiede di vendere delle schifezze ai propri clienti?

Si può rifiutare? Beh, in teoria sì. In pratica però cosa succede veramente? Dello stipendio a fine mese si ha bisogno, di non vedersi bloccata la carriera lavorativa si ha bisogno, di non essere trasferiti lontani da casa si ha bisogno… Di tante cose si ha bisogno (o si crede di aver bisogno) e, alla fine, pur se eticamente la cosa può dar fastidio o addirittura non far dormire la notte, il dipendente della banca fa gli interessi della sua banca che gli paga lo stipendio e, se la banca ha messo a listino delle schifezze di prodotti, quelli, alla fine, lui vende ai propri clienti.






Un primo punto fermo al nostro ragionamento quindi lo abbiamo messo. E già sento arrivare le critiche dei dipendenti di banca.

Dall’ altra parte, ecco allora in questi giorni prendere vigore tutta una serie di nuovi eroici difensori dei clienti: consulenti indipendenti (o presunti tali), mediatori, broker, soggetti che – diciamolo pure - sono sempre stati discriminati e snobbati come categoria sia dalla maggior parte dei dipendenti di banca, sia dalla maggior parte dei clienti.

Vuoi vedere che è arrivato per i consulenti il momento di vendicarsi delle banche?!


Questi eroi cercano allora di sfruttare l’ondata emotiva del momento per fare business e acquisire nuovi clienti dicendo loro: “Le banche sono brutte e cattive, i loro dipendenti uguale, ti vogliono fregare, noi siamo bravi, facciamo il tuo interesse, quindi vieni da noi che ti difendiamo e ti facciamo avere i migliori prodotti bancari al miglior prezzo… e bla bla bla”.





Ecco, io sono un consulente creditizio – collaboratore di una società di mediazione e non dipendente di una banca - e quindi dovrei gioire della brutta reputazione delle banche di questo periodo. Dovrei quasi sentirmi vendicato come categoria professionale.

E, per quanto riguarda il lato clienti, dovrei tornare da tutti coloro che non mi hanno scelto come loro consulente, preferendo andare direttamente in banca per conto loro, e là, perchè no, prendere anche una fregatura, e dire loro: “Ecco: avete visto? Io ve l’avevo detto: se mi davate l’incarico di lavorare per voi, sarebbe andato tutto bene e la banca non si sarebbe comportata male con voi”.

No, non ci siamo. Io non sono d’ accordo e dico chiaramente che gli pseudo consulenti o gli pseudo mediatori amici dei clienti sono peggio delle banche. C’è anche un proverbio che dice che i falsi amici sono più pericolosi dei nemici. E qua arriveranno le critiche dei consulenti creditizi.


Cerco di chiarire questo mio pensiero per non trovarmi con nemici ovunque.




Il bravo consulente creditizio deve essere a metà strada tra la banca e il cliente: non può essere completamente da una parte o dall’ altra a seconda di come tira il vento. E il suo valore aggiunto, sia per la banca e sia per il cliente, sta proprio nell’ essere a metà strada tra i due.



Finché i consulenti creditizi non capiranno e condivideranno questo concetto saranno sempre snobbati sia dai clienti che dalle banche. E continueranno ad azzuffarsi tra loro, raccogliendo pseudo clienti scartati in prima battuta dalle banche, che cercheranno poi di ripulire e rimandare in banca un po’ più ordinati e profumati per elemosinare un parere positivo sul mutuo. Non mi pare un bel modo di lavorare.

Essere interamente dalla parte del cliente significa non dirgli mai di no. Significa farsi abbagliare dal guadagno che – grazie a quel cliente – si può realizzare e affiancarlo in qualunque cosa, anche in operazioni sbagliate o pericolose o troppo grandi per quello che il cliente e la sua famiglia si possono permettere. Significa, per i consulenti più disperati, fare anche carte false per il cliente per farlo apparire in banca ciò che non è.

Essere interamente dalla parte della banca è sbagliato allo stesso modo. Il consulente creditizio che – senza capacità di analisi e di critica – trasmette passivamente le imposizioni ed i prodotti della banca al proprio cliente, è peggio del bancario: rende inutile la sua figura professionale e non dà alcun valore aggiunto. Vende le schifezze costruite dalla banca, senza neanche avere i privilegi del dipendente della banca.

A mio parere è possibile tracciare una ben precisa linea di equilibrio.



Cosa deve fare il consulente creditizio professionista?
a) Analizzare con cura la posizione del proprio cliente,

b) Valorizzare gli aspetti positivi di questa posizione per dimostrare alla banca che superano gli eventuali aspetti negativi,

c) Scegliere le banche più indicate per questa posizione,

d) In ultima istanza, metterle in competizione tra loro per poter ottenere il miglior prodotto alle migliori condizioni per il proprio cliente.






Come deve essere il consulente creditizio professionista?
a) Dev’essere altamente competente e qualificato. Molto più competente e qualificato del dipendente della singola banca il quale è tenuto a conoscere solo i prodotti della propria banca.

b) Non può avere a listino i prodotti di una sola banca: più è ampia la scelta, più le banche possono essere messe tra loro in competizione. Il consulente creditizio che lavora come libero professionista per una sola banca è legato mani e piedi a quella banca, in misura addirittura superiore al dipendente della banca perché, a differenza di quest’ultimo, non ha uno stipendio garantito.






Allo stesso modo il rapporto con la banca va costruito, alimentato e mantenuto nel tempo su basi di linearità e di chiarezza. Anche prescindendo dall’ aspetto etico, sarebbe stupido per un consulente creditizio fregare la banca per portare a buon fine una singola operazione (anche se ben remunerata) perché poi si va a bruciare il rapporto con quella banca per il futuro. Quella singola operazione ne pregiudicherebbe tante altre. E se un cliente chiede ad un consulente creditizio di aiutarlo a fregare la banca, deve essere subito lasciato a se stesso o invitato a rivolgersi a qualcun altro. Cercando bene, non ho dubbi che un complice lo trova.

Il cliente va seguito nel tempo, perché rappresenta una risorsa e la banca va seguita del tempo perché permette al consulente creditizio di lavorare nel tempo con continuità. Ecco perché il bravo consulente creditizio deve essere mediatore tra banca e cliente, e mediare significa stare a metà.

E’ con amarezza però che mi viene da dire che i recenti scandali bancari la lezione più grande la devono dare ai clienti che, in alcuni casi, se la sono cercata.

Una persona, per comprare un paio di scarpe, gira almeno 3 negozi e, all’ interno dello stesso negozio, ne prova di diversi modelli e prezzi. Perché la stessa persona quando, da cliente del negozio di scarpe diventa cliente della banca, acquista senza batter ciglio il prodotto proposto dalla sua banca senza guardarsi attorno, senza fare domande, senza confrontare?

Perché questa fiducia cieca nei confronti della propria banca?
Sì, ok, la cronaca degli ultimi giorni probabilmente evidenzierà che ci sarà stata truffa da parte della banca. Un comportamento scorretto da cui i clienti neppure pensavano di doversi difendere, trattandosi di banche locali, quindi da anni vicine alle famiglie e al territorio.

Però in molti clienti è davvero venuto a mancare quel minimo di senso critico che deve caratterizzare una persona adulta che compra una qualsiasi cosa: dal gelato da 2euro alla casa da 200.000euro. Questo non dovrà più accadere in futuro.


Questa brutta storia, quale che sia il modo in cui si risolverà, avrà dato una mazzata al rapporto di fiducia banca-cliente in tutto il nostro paese e per tutti i prodotti bancari. 

Se vogliamo però vedere una piccola luce in fondo al tunnel e trarre qualche insegnamento per il futuro, noi tutti (clienti, banche e consulenti creditizi) dovremo lavorare per raggiungere un livello superiore di relazione complessiva.



Il cliente dovrà iniziare a sviluppare il giusto senso critico nei confronti della propria banca, riconoscendo che, a livello strutturale, la banca fa primariamente i propri interessi che – solo per caso – possono coincidere in certe circostanze con quelli del cliente.

Nell’ ambito specifico dei mutui casa, poi, il cliente dovrà superare le abitudini e la fiducia cieca nella singola banca (e dopo le mazzate degli ultimi giorni non credo sarà così difficile), ed avviare un serio confronto tra le banche o personalmente o puntando sempre di più a consulenti creditizi professionali e competenti, ma soprattutto mediatori tra le parti, nel senso prima specificato.

Chi deve fare il mutuo casa dovrà anche mettere a confronto tra loro i consulenti creditizi sul mercato sulla base di diversi criteri sia personali che di società di appartenenza:
- professionalità, riconoscibilità ed efficacia personale (da provare e – perché no – documentare)
- serietà, solidità e reputazione della società con cui collaborano





L’ eventuale compenso richiesto dal consulente creditizio dovrà quindi essere solo uno degli aspetti da valutare all’ interno del quadro più complesso disegnato sopra.

 Attenzione quindi a non passare dalla padella della banca-amica alla brace del consulente creditizio-amico. 

Per avere la propria richiesta di mutuo approvata in modo lineare e alle migliori condizioni economiche possibili, non occorre un consulente creditizio-amico o di parte: deve però essere bravo, competente, preparato ma soprattutto equidistante tra le parti. E, aggiungo anche, in grado di dimostrare che merita il suo compenso grazie al valore aggiunto che porta per la conclusione positiva dell’operazione di mutuo.


Vuoi essere seguito professionalmente per istruire con sicurezza la tua pratica di mutuo? 

Vuoi beneficiare della mia consulenza? 

Scrivimi all'indirizzo mail ilmioconsulentemutui@gmail.com.


Matteo Comelli