Gli scandali bancari degli ultimi giorni che
hanno portato al salvataggio di quattro banche e – purtroppo – anche all’
azzeramento dei risparmi investiti da alcuni loro clienti in obbligazioni
subordinate, hanno toccato fortemente il nervo scoperto della fiducia delle
persone nei confronti delle banche.
Sfiducia e preoccupazione stanno quindi attraversando in modo trasversale i
clienti delle banche: i più colpiti dall’ incertezza sono quelli che hanno
risparmi da investire, ma qualche dubbio sta venendo anche a chi deve prendere
soldi a prestito, che teme di ricevere pressioni eccessive, condizioni pesanti
o vere e proprie estorsioni legalizzate per ottenere il mutuo per l’acquisto
della casa.
E
anche se io mi occupo di mutui per le famiglie e non di prodotti di risparmio,
non mi ha sorpreso ricevere negli ultimi giorni alcune chiamate - sia da vecchi
clienti che avevo seguito durante la richiesta del loro mutuo, sia da nuovi
clienti con cui ancora stiamo scegliendo la banca a cui presentare la richiesta
di mutuo – in cui non mi veniva manifestato un dubbio concreto e specifico
verso questa o quella banca, ma semplicemente mi si chiedeva una rassicurazione
su quello che avevamo fatto o stavamo per fare.
Ora, va
chiarito subito che chi si sta indebitando verso una banca chiedendo un mutuo
non è nella stessa posizione di chi sta investendo i propri risparmi in
prodotti proposti dalla banca. Anche chi si indebita, però, deve essere
tutelato e avere un minimo di fiducia nella controparte bancaria, altrimenti il
rapporto, che già non è su basi di equilibrio tra le parti dato che la banca è
sempre più forte del cliente, nasce con presupposti sbagliati.
Proviamo
innanzitutto ad uscire da una valutazione emotiva o basata su luoghi comuni di
quello che sta succedendo.
Valutiamo
solo una parte del problema puntando l’attenzione in modo semplice e oggettivo
sul concetto di fiducia all’interno del rapporto tra la banca ed il cliente,
cercando anche di evidenziare come si modifica questo rapporto se tra la banca
ed il cliente si inserisce la figura del consulente creditizio.
Il comportamento della banca nei confronti del cliente va analizzato su due
livelli distinti: quello individuale – cioè del
rapporto tra dipendente della banca e cliente – e quello generale di
organizzazione bancaria complessa – e qui è preminente il rapporto tra
la banca come organizzazione ed il suo dipendente che noi clienti incontriamo
allo sportello.
Premetto
che io ho diversi conoscenti e amici che lavorano in banca (e ad alcuni, per avere
un parere e anche qualche critica, ho anche girato la prima bozza di questo
articolo prima di pubblicarlo): nei confronti di alcuni di loro ho la massima
stima a livello personale. Si tratta di persone a cui io affiderei il mio
portafoglio sapendo che, nel momento in cui me lo restituiscono, ci potrei
tranquillamente trovare 10euro in più rispetto a quelli che c’erano prima,
rispetto a 10euro in meno. Quindi non ho dubbi sull’ etica individuale.
A
livello professionale individuale, alcuni sono estremamente preparati e – se facessero
il grande passo e decidessero di lavorare come consulenti indipendenti – sono
certo che fornirebbero soluzioni straordinarie per i loro clienti. Ma c’è una
parolina che macchia questo bel quadro che ho disegnato. Se…
Ecco il problema: il dipendente della banca non è un consulente indipendente.
Per quanto il bancario sia una persona eticamente integra, per quanto sia
professionalmente preparato, a fine mese lo stipendio glielo paga la banca.
E
cosa fa il bancario se la banca gli chiede di vendere delle schifezze ai propri
clienti?
Si
può rifiutare? Beh, in teoria sì. In pratica però cosa succede veramente? Dello
stipendio a fine mese si ha bisogno, di non vedersi bloccata la carriera
lavorativa si ha bisogno, di non essere trasferiti lontani da casa si ha
bisogno… Di tante cose si ha bisogno (o si crede di aver bisogno) e, alla fine,
pur se eticamente la cosa può dar fastidio o addirittura non far dormire la
notte, il dipendente della banca fa gli interessi della sua banca che gli paga
lo stipendio e, se la banca ha messo a listino delle schifezze di prodotti,
quelli, alla fine, lui vende ai propri clienti.
Un primo punto fermo al nostro ragionamento quindi lo abbiamo messo. E già
sento arrivare le critiche dei dipendenti di banca.
Dall’
altra parte, ecco allora in questi giorni prendere vigore tutta una serie di
nuovi eroici difensori dei clienti: consulenti indipendenti (o presunti tali),
mediatori, broker, soggetti che – diciamolo pure - sono sempre stati
discriminati e snobbati come categoria sia dalla maggior parte dei dipendenti
di banca, sia dalla maggior parte dei clienti.
Vuoi
vedere che è arrivato per i consulenti il momento di vendicarsi delle banche?!
Questi
eroi cercano allora di sfruttare l’ondata emotiva del momento per fare business
e acquisire nuovi clienti dicendo loro: “Le banche sono brutte e cattive, i
loro dipendenti uguale, ti vogliono fregare, noi siamo bravi, facciamo il tuo
interesse, quindi vieni da noi che ti difendiamo e ti facciamo avere i migliori
prodotti bancari al miglior prezzo… e bla bla bla”.
Ecco, io sono un consulente creditizio – collaboratore di una società di
mediazione e non dipendente di una banca - e quindi dovrei gioire della brutta
reputazione delle banche di questo periodo. Dovrei quasi sentirmi vendicato
come categoria professionale.
E,
per quanto riguarda il lato clienti, dovrei tornare da tutti coloro che non mi
hanno scelto come loro consulente, preferendo andare direttamente in banca per
conto loro, e là, perchè no, prendere anche una fregatura, e dire loro: “Ecco:
avete visto? Io ve l’avevo detto: se mi davate l’incarico di lavorare per voi,
sarebbe andato tutto bene e la banca non si sarebbe comportata male con voi”.
No,
non ci siamo. Io non sono d’ accordo e dico chiaramente che gli pseudo
consulenti o gli pseudo mediatori amici dei clienti sono peggio delle banche.
C’è anche un proverbio che dice che i falsi amici sono più pericolosi dei
nemici. E qua arriveranno le critiche dei consulenti creditizi.
Cerco
di chiarire questo mio pensiero per non trovarmi con nemici ovunque.
Il bravo consulente creditizio deve essere a metà
strada tra la banca e il cliente: non può essere completamente da una parte o
dall’ altra a seconda di come tira il vento. E il suo valore aggiunto, sia per
la banca e sia per il cliente, sta proprio nell’ essere a metà strada tra i due.
Finché i consulenti creditizi non capiranno e condivideranno questo concetto
saranno sempre snobbati sia dai clienti che dalle banche. E continueranno ad
azzuffarsi tra loro, raccogliendo pseudo clienti scartati in prima battuta
dalle banche, che cercheranno poi di ripulire e rimandare in banca un po’ più
ordinati e profumati per elemosinare un parere positivo sul mutuo. Non mi pare
un bel modo di lavorare.
Essere
interamente dalla parte del cliente significa non dirgli mai di no. Significa
farsi abbagliare dal guadagno che – grazie a quel cliente – si può realizzare e
affiancarlo in qualunque cosa, anche in operazioni sbagliate o pericolose o
troppo grandi per quello che il cliente e la sua famiglia si possono
permettere. Significa, per i consulenti più disperati, fare anche carte false
per il cliente per farlo apparire in banca ciò che non è.
Essere
interamente dalla parte della banca è sbagliato allo stesso modo. Il consulente
creditizio che – senza capacità di analisi e di critica – trasmette
passivamente le imposizioni ed i prodotti della banca al proprio cliente, è
peggio del bancario: rende inutile la sua figura professionale e non dà alcun
valore aggiunto. Vende le schifezze costruite dalla banca, senza neanche avere
i privilegi del dipendente della banca.
A
mio parere è possibile tracciare una ben precisa linea di equilibrio.
Cosa
deve fare il consulente creditizio professionista?
a) Analizzare con
cura la posizione del proprio cliente,
b) Valorizzare
gli aspetti positivi di questa posizione per dimostrare alla banca che superano
gli eventuali aspetti negativi,
c) Scegliere le
banche più indicate per questa posizione,
d) In ultima istanza,
metterle in competizione tra loro per poter ottenere il miglior prodotto alle
migliori condizioni per il proprio cliente.
Come deve essere il consulente creditizio professionista?
a)
Dev’essere altamente competente e qualificato. Molto più competente e qualificato
del dipendente della singola banca il quale è tenuto a conoscere solo i
prodotti della propria banca.
b)
Non può avere a listino i prodotti di una sola banca: più è ampia la scelta,
più le banche possono essere messe tra loro in competizione. Il consulente
creditizio che lavora come libero professionista per una sola banca è legato
mani e piedi a quella banca, in misura addirittura superiore al dipendente
della banca perché, a differenza di quest’ultimo, non ha uno stipendio
garantito.
Allo stesso modo il rapporto con la banca va costruito, alimentato e mantenuto
nel tempo su basi di linearità e di chiarezza.
Anche prescindendo dall’ aspetto etico, sarebbe stupido per un consulente
creditizio fregare la banca per portare a buon fine una singola operazione
(anche se ben remunerata) perché poi si va a bruciare il rapporto con quella
banca per il futuro. Quella singola operazione ne pregiudicherebbe tante altre.
E se un cliente chiede ad un consulente creditizio di aiutarlo a fregare la
banca, deve essere subito lasciato a se stesso o invitato a rivolgersi a
qualcun altro. Cercando bene, non ho dubbi che un complice lo trova.
Il
cliente va seguito nel tempo, perché rappresenta una risorsa e la banca va
seguita del tempo perché permette al consulente creditizio di lavorare nel
tempo con continuità. Ecco perché il bravo consulente creditizio deve essere
mediatore tra banca e cliente, e mediare significa stare a metà.
E’
con amarezza però che mi viene da dire che i recenti scandali bancari la
lezione più grande la devono dare ai clienti che, in alcuni casi, se la sono
cercata.
Una
persona, per comprare un paio di scarpe, gira almeno 3 negozi e, all’ interno
dello stesso negozio, ne prova di diversi modelli e prezzi. Perché la stessa
persona quando, da cliente del negozio di scarpe diventa cliente della banca,
acquista senza batter ciglio il prodotto proposto dalla sua banca senza
guardarsi attorno, senza fare domande, senza confrontare?
Perché
questa fiducia cieca nei confronti della propria banca?
Sì,
ok, la cronaca degli ultimi giorni probabilmente evidenzierà che ci sarà stata
truffa da parte della banca. Un comportamento scorretto da cui i clienti
neppure pensavano di doversi difendere, trattandosi di banche locali, quindi da
anni vicine alle famiglie e al territorio.
Però
in molti clienti è davvero venuto a mancare quel minimo di senso critico che
deve caratterizzare una persona adulta che compra una qualsiasi cosa: dal
gelato da 2euro alla casa da 200.000euro. Questo non dovrà più accadere in futuro.
Questa
brutta storia, quale che sia il modo in cui si risolverà, avrà dato una mazzata
al rapporto di fiducia banca-cliente in tutto il nostro paese e per tutti i
prodotti bancari.
Se vogliamo però vedere una piccola luce in fondo al tunnel e
trarre qualche insegnamento per il futuro, noi tutti (clienti, banche e
consulenti creditizi) dovremo lavorare per raggiungere un livello superiore di
relazione complessiva.
Il
cliente dovrà iniziare a sviluppare il giusto senso critico nei confronti della
propria banca, riconoscendo che, a livello strutturale, la banca fa
primariamente i propri interessi che – solo per caso – possono coincidere in
certe circostanze con quelli del cliente.
Nell’
ambito specifico dei mutui casa, poi, il cliente dovrà superare le abitudini e
la fiducia cieca nella singola banca (e dopo le
mazzate degli ultimi giorni non credo sarà così difficile), ed avviare
un serio confronto tra le banche o personalmente o puntando sempre di
più a consulenti creditizi professionali e competenti, ma soprattutto mediatori
tra le parti, nel senso prima specificato.
Chi
deve fare il mutuo casa dovrà anche mettere a confronto tra loro i consulenti
creditizi sul mercato sulla base di diversi criteri sia personali che di
società di appartenenza:
- professionalità,
riconoscibilità ed efficacia personale (da provare e – perché no – documentare)
-
serietà, solidità e reputazione della società con cui collaborano
L’ eventuale compenso richiesto dal consulente creditizio dovrà quindi essere
solo uno degli aspetti da valutare all’ interno del quadro più complesso
disegnato sopra.
Attenzione
quindi a non passare dalla padella della banca-amica alla brace del consulente
creditizio-amico.
Per
avere la propria richiesta di mutuo approvata in modo lineare e alle migliori
condizioni economiche possibili, non occorre un consulente creditizio-amico o
di parte: deve però essere bravo, competente, preparato ma soprattutto
equidistante tra le parti. E, aggiungo anche, in grado
di dimostrare che merita il suo compenso grazie al valore aggiunto che porta
per la conclusione positiva dell’operazione di mutuo.
Vuoi essere seguito professionalmente per istruire con sicurezza la tua pratica
di mutuo?
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Matteo Comelli
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